Hoang upon a time #s01e05
Previously, on Hoang Upon a Time: Andrea Guidi ha portato per anni il vessillo di Poltronesofà facendosi cavaliere delle imbottiture, protettore delle tappezzerie, paladino delle reti a doghe. Ma è sempre una buona idea mettere in mano a un personaggio l’immagine della marca? Ne abbiamo parlato nel quarto episodio e ora, come al solito, cambiamo radicalmente argomento.
Oggi vi voglio parlare di promesse infrante. Sì, in questa puntata la nostra fiaba ha un incipit estremamente triste, ma occhio perché ci sono tre finali (anche se la morale è una sola).
C’era una volta la disillusione.
Pensate al momento in cui un prodotto entra sul mercato sull’onda della promessa che lo ha anticipato e immaginatevi che questo prodotto sia così deludente da schiantarsi dritto sugli scogli delle aspettative dei consumatori.
Come comportarsi per restare a galla? Difficile ma non impossibile.
Ma ora basta metafore da surfista (che non mi appartengono…) e passiamo a qualche esempio pratico prendendo una delle industrie più facili e paradossalmente più “classiche”. Sembra strano ma parlo dell’industria del gaming, dei videogiochi.
Il gaming, per quanto possa essere innovativo, è un tipo di industria estremamente tradizionale: sono grandi produzioni che partono con tempi di lavorazione di anni, che lavorano in compartimenti stagni e in maniera totalmente lineare e sequenziale.
Scordatevi il lean, parliamo di persone e contractor che devono lavorare in tempi prefissati e chiusi, anche molto prima che il loro output sia utile. Parliamo di pipeline di sviluppo e design che hanno le medesime linearità delle industrie cinematografiche: budget stratosferici, tempi irrealizzabili e il familiare “crunching” degli ultimi mesi pre-lancio all’inseguimento forsennato di un prodotto che sia quantomeno decente da lanciare.
Un mondo fatto di produttori, distributori, celebrities che generano pressioni irrealistiche sul prodotto aumentando a dismisura le aspettative dei consumatori.
E quando la delusione arriva, è veramente possibile recuperare i danni di una promessa infranta?
Vi racconto tre storie, apparentemente scorrelate.
1) The Tale of No Man’s Sky
“No Man’s Sky”, prodotto da Hello Studio Capitanato da Sean Murray (uno dei veterani del settore) esce sull’onda della promessa del gioco di esplorazione spaziale definitivo, uno di quei giochi in cui puoi andare ovunque e fare tutto in un contesto di fantascienza positiva e solare tipico degli anni 70. Dopo tantissimo “hype”, l’aspettativa, da parte dei fan di quel tipo di gioco, viene lanciato però un prodotto giudicato molto basico e piuttosto povero.
Le recensioni iniziali al lancio sono state davvero pessime, ma lo Studio ha delibaratamente deciso di non scusarsi con altisonanti comunicati, anzi, forte della sua visione di prodotto, ha fatto “double down” sulla promessa iniziale e si è genionamente rimboccato le maniche.
La loro strategia si è basata su aggiustamenti costanti, sottotono senza grandi annunci, miglioramenti gratuiti distribuiti nel corso di più di 3 anni, scuse limitate, ma commitment dimostrato con i fatti, senza mai aggiungere nessun peso sul cliente finale.
Tutte le espansioni non solo hanno risolto i problemi tecnici del gioco, ma ognuna si è focalizzata nell’aggiungere nuove meccaniche verticalizzate su temi specifici. La promessa iniziale di un gioco di esplorazione libera si è rinnovata nel tempo con miglioramenti continui e, invece di battere cassa sulla community di fan, l’hanno alimentata dimostrando di ascoltarla.
From “Disappointed” to “Great!”
2) The life and deeds of Cyberpunk 2077
Dopo il successo quasi inaspettato della saga di The Witcher, il nuovo gioiello di CD Projekt Red, “Cyberpunk 2077” era considerato il nuovo titolo AAA che avrebbe rivoluzionato l’industria del gaming. Medesimo mix letale di alte aspettative del settore, hype tossico dei fan e tempi irrealistici.
Il prodotto finale è stato lanciato non finito, con una serie di problemi tecnici evidenti e letteralmente ingiocabile su alcune piattaforme.
“The game was full of bugs, and performance issues, and was sometimes damn right unplayable. Not to mention the issues the game had on consoles. It's safe to say that the launch of Cyberpunk 2077 went down in the history books as one of the worst launches to ever occur.”
In questo caso la gestione della crisi è stata davvero pessima: l’azienda ha negato fino all’ultimo che ci fossero problemi gravi e ha continuato a alimentare promesse che sapevano non sarebbero state mantenute. Non sono stati in grado di contenere “lo scandalo” con tanto leaking di email e comunicazioni scottanti dietro le quinte, i manager in fuga dallo studio (che al tempo affondava inseroabilmente come il Titanic) e il publisher distributore che ha addirittura dovuto rimborsare gli utenti scontenti e ritirare il prodotto dallo store per 6 mesi (cosa che non si era mai vista prima).
Solo una volta toccato il fondo, con le azioni a picco, sono arrivate delle scuse ufficiali, corredato da un nuovo piano di recupero che è stato purtroppo disatteso e fix che non hanno rivoluzionato il gioco, nonchè polemiche politiche e un tentativo di auto-riabilitazione con una serie animata su Netflix, che probabilmente era già in cantiere da tempo.
Alla fine sono caduti dalla padella nella brace e in ultima istanza hanno virato provando ad applicare la medesima strategia di No Man’s Sky, puntando tutto su un mega aggiornamento immenso e costosissimo, continuando ad avvalersi come avevano fatto al lancio, di promoter iper-carismatici del calibro di Keanu Reeves, al lancio, e Idris Elba, all’aggiornamento.
3) The long journey of Baldurs Gate 3
Il terzo lancio di cui vi voglio raccontare è quello più recente di Baldurs Gate 3, prodotto da uno studio minore, Larian Studio. Baldur’s Gate 3 esce dopo ben 6 anni di attesa e, in quanto sequel, con grandi aspettative da parte dei suoi fan. Il gioco ha una caratteristica unica: sembra progettato per generare valore e non esclusivamente profitti e, al momento del lancio, si presenta finito, senza patch, privo di microtransazioni o altri sistemi di monetizzazione poco etici. Sfoggia un’ampiezza di gioco ed estensione di mappa e di dinamiche, mai visti prima.
Il prodotto è talmente valido che addirittura scatena una polemica tra gli sviluppatori sul fatto che uno standard qualitativo così alto è pericoloso per l’industria perché non è sostenibile.
“It’s Rockstar-level nonsense for scope. Only a few studio groups could even try this.”
Se volete approfondire il dibattito, qui potete trovare un po’ di scambi tra interni del settore: linkino nerd
Ma il successo non è dovuto solo alla qualità del prodotto in sé.
Analizzando la loro strategia, è evidente come la decisione di non alimentare hype con promesse pericolose e correndo il rischio di prendersi il tempo necessario ad uscire con qualcosa di completo, abbia contemporaneamente arginato le possibilità di deludere il loro pubblico e quello di avere un prodotto “arronzato”.
Morale della favola
Tre storie, sì, ma - come vi avevo anticipato - un’unica morale che è un po’ la messa a terra di quel famoso detto “ogni promessa è debito”.
Quello che possiamo imparare da queste vicende infatti è che il momento che precede la release di qualunque prodotto è fondamentale.
La fase della “promessa”, al di là dei mezzi con cui si sceglie di alimentarla, si fonda sulla selezione accurata dei valori su cui questa promessa deve vertere, in maniera tale da massimizzare le opportunità e minimizzare i rischi.
(E ricordiamoci che la legge di Murphy dice che se qualcosa può andare storto, lo farà sicuramente).
Prima di fare una promessa che poi sarà la base della nostra strategia di marketing, bisogna essere veramente certi degli asset che si hanno in casa perché i costi di recupero di una vendita che non incontra le aspettative, sono estremamente più alti del potenziale introito mancato. I danni di immagine che possiamo subire possono avere ripercussioni su un lasso di tempo piuttosto lungo.
Inoltre recuperare la fiducia in un mercato globale è molto più complicato che perderla: solo se si opera in una nicchia di mercato di appassionati o gente razionalmente aperta al dialogo ci sono delle chance di riconquista, ma, come avrete già intuito, il mass market non ha queste caratteristiche.
Ovvio che lo scenario di Baldurs Gate 3 è ideale, è un caso limite e difficilmente riproducibile, tuttavia nulla vieta di apportare modifiche e miglioramenti a posteriori, ma attenzione che l’aver promesso troppo a monte farà apparire queste migliorie come un tentativo di rimediare a un fallimento. Al contrario, invece, se un prodotto viene lanciato senza la presunzione di essere perfetto (ma nemmeno una ciofeca però, come dico sempre il prodotto DEVE essere buono), gli aggiustamenti in corso d’opera possono essere percepiti come un commitment forte da parte dell’azienda verso i propri clienti.
L’obiettivo che dobbiamo tenere a mente è sempre il “valore” (in questo caso potenziale) che le nostre scelte generano prima, dopo e durante il lancio e imparare a ragionare in ottica preventiva, laddove ne abbiamo l’opportunità.
HH.