💫 C’era una volta il sushi... senza salmone!
Su come un norvegese ha cambiato per sempre i destini della cucina nipponica.
Hoang upon a time #s01e13
Previously, on Hoang Upon a Time: Nello scorso episodio abbiamo parlato di merendine, una parola che esiste solo in Italia, e della prima merendina in assoluto, il Mottino.
C'era una volta il sushi giapponese… quello senza salmone.
C'era una volta il sushi giapponese… quello senza salmone.
E c'era una volta un norvegese, che pur di vendere salmone era disposto a tutto.
Questa è la storia di come un battito di pinna di un salmone in Norvegia ha cambiato per sempre i destini della cucina nipponica.
Ma prima di capire come questo è avvenuto, facciamo un passo indietro.
Sono gli anni '80, il Giappone è la seconda economia del mondo, qualcuno vede all'orizzonte la possibilità che superi addirittura gli Stati Uniti e, in questo paese in pieno boom, tutti quanti mangiano sushi.
Come fanno ormai da 150 anni. Il sushi, quello tradizionale, quello fatto di riso condito con l’aceto come base, alghe a chiudere e pesce come topping.
Quale pesce?
Ce ne sono tantissimi: il marlin, la ricciola, lo sgombro, il pesce palla, l'orata, il calamaro, il granchio, i gamberi...
E il salmone?
Se avessimo incontrato qualche giapponese di quarant’anni fa e gli avessimo chiesto se volesse mangiarsi un nigiri di quelli che siamo abituati a vedere oggi, con una fetta di salmone crudo sopra, probabilmente ci avrebbe presi per matti.
Il salmone crudo i giapponesi non lo mangiavano neanche morti e fra poco capiremo il perché.
Nel frattempo però, dall'altra parte del mondo, c'è un norvegese che di nome fa Bjørn Eirik Olsen, lavora per il ministero della pesca e ha un grande problema.
Quando va a visitare gli enormi centri di acquacoltura norvegesi vede le vasche piene di salmoni belli, grassi e saltellanti, ma – purtroppo per lui – ancora vivi.
Allora entra per controllare le ampie celle frigorifere e si ritrova davanti allo stesso scenario: sono stracolme di salmoni, tutti accuratamente immagazzinati, ma – purtroppo per lui – ancora invenduti.
Prima si dispera, poi gli viene un'idea.
Sa che i norvegesi sono stufi di mangiare salmone in tutte le sue forme, ormai stanno scoprendo la carne in scatola e il pollame.
E allora – pensa – noi dobbiamo trovare qualcun altro a cui vendere questo salmone.
Di tutti i paesi al mondo ce n'è uno che – a causa della sua crescita demografica, dell’arricchimento della classe media e della pesca intensiva – ha un grande problema di approvvigionamento di pesce: il Giappone.
Bjørn pensa che potrebbe essere una buona idea vendere il salmone ai giapponesi.
Indaga un po', ma scopre una verità deprimente: i giapponesi sono già pieni di salmone nei loro mari e lo pescano anche, ma non lo mangiano volentieri.
Da loro il salmone è di una sottospecie diversa. Magro, magrissimo. È considerato un cibo per i poveri.
In più, ha un grande problema: è particolarmente suscettibile ai parassiti.
Il fatto è talmente radicato nella cultura giapponese che nessuno si sogna di mettere il salmone nel sushi, e anzi, i giapponesi lo mangiano solo se grigliato o stra-fritto.
Il caso però volge a favore del nostro Bjørn, perché lui sa che il salmone norvegese ha degli enormi vantaggi:
1) È allevato, e questo vuol dire che non ha parassiti.
2) È molto più grasso, perché vivendo in acque gelide cresce con più strati adiposi.
I presupposti sembrano ottimali.
Ed è così che nel 1986 nasce il ‘Progetto Giappone’.
Un team di ambasciatori, scienziati e cuochi si dirige a Tokyo. Da lì in poi, ogni volta che qualcuno visitava l’ambasciata norvegese, poteva trovare come segno di ospitalità una degustazione di sushi con salmone crudo.
Molti funzionari giapponesi che nel tempo passavano di lì, lo provavano. Prima strabuzzavano gli occhi, ma una volta assaggiato esprimevano soddisfazione.
Dopo qualche mese di sperimentazione, i norvegesi invitarono i dirigenti dell’industria ittica per vedere se si poteva firmare qualche accordo commerciale.
Bjørn riporta che questo è quello che gli dissero: “Noi giapponesi non mangiamo salmone crudo. Non è buono. Al di là dei parassiti, anche il colore della carne è sbagliato, dovrebbe essere più rosso. E poi puzza... Anche la testa del pesce è della forma sbagliata”.
Neanche il minimo supporto dall’industria della pesca.
In effetti, era difficile commercializzare qualcosa come “privo da parassiti”.
Avete presente quando Cracco cucinò il piccione a Masterchef? La cosa fece molto impressione perché in Italia siamo abituati al falso mito che i piccioni portino malattie più degli altri animali, addirittura il colera si dice. E infatti il piccione di Cracco fece - per disgusto generale - il giro dei social.
In Giappone era la stessa cosa col salmone.
Si passò a contattare gli chef. Allora come oggi – Cracco docet – gli chef possono essere molto, molto influenti. In particolare uno, Yutaka Ishinabe, conosciuto anche come The Iron Chef, era molto popolare in TV ed era sempre pronto alle sperimentazioni.
Pubblicizzò l’uso del salmone norvegese, consumabile anche crudo, ma niente, ancora non succedeva niente.
Dopo molti mesi di disinteresse totale della GDO, ci fu un evento scatenante.
La Nichi Rei - che possiamo immaginare come la Bofrost giapponese - accettò di comprare il salmone crudo. Si contrattò sul prezzo e alla fine il guadagno da quell’accordo fu irrisorio per i norvegesi, ma non importava!
L’esperimento di validazione era già stato fatto in ambasciata, ai giapponesi il sushi con il salmone piaceva! Bjørn ne era sicuro.
Mise le cose in chiaro. Il salmone doveva essere venduto dalla Nichi Rei solo ed esclusivamente nel reparto Sushi.
E così fu.
Una volta che il salmone crudo iniziò ad entrare nelle case dei giapponesi, tutti si accorsero che il gusto era buonissimo. Soprattutto i bambini – meno esposti al pregiudizio – ne amavano la texture grassa e il sapore soft e unico.
Già nel 1995, a meno di dieci anni dall'inizio del ‘Progetto Giappone’, il sushi con il salmone crudo c’era in quasi tutti i ristoranti sushi, accompagnato da una vera e propria salmon-mania.
Il progetto, che era costato 3,75 milioni di dollari (30 milioni di NOK), permise alla Norvegia di esportare salmone per un valore di 225 milioni di dollari all’anno (1,8 miliardi di NOK) negli anni ‘90 e di 1,28 miliardi di dollari oggi.
Bjørn era felice, e noi, dopo 30 anni, pure!
🧞♂️ Morale della favola:
L'epopea di Bjørn e la sua rivoluzionaria introduzione del salmone norvegese nella tradizione culinaria giapponese ci dimostra quanto il marketing e l'innovazione possano davvero spostare i confini del possibile.
La cultura giapponese è una delle più tradizionaliste, eppure ha accolto con favore una novità importante e radicale, quando gli è stata venduta nel modo giusto. Anzi, Bjørn l’ha venduta talmente bene che il salmone crudo sembrò far parte da sempre della cucina giapponese.
Il suo successo non è stato un caso di fortuna, ma il risultato di un approccio di disruption, che ha permesso di vedere il mercato sotto una nuova luce, dove i vincoli precedenti non esistevano.
Ha spezzato le catene delle convenzioni tradizionali e ha ridefinito il significato di "possibile" nel contesto del sushi giapponese. Questo è l'epitome dell'innovazione: non solo l'introduzione di nuove idee, ma il rinnovamento audace di sistemi e concezioni esistenti cambiando i punti di vista!
Quindi, la prossima volta che proponi un’idea innovativa e nessuno ti ascolta, ripensa a quante fatiche ha fatto Bjørn per farsi ascoltare e, come tutti i salmoni del mondo, dalla Norvegia al Giappone, non avere paura di nuotare controcorrente!
HH.
Ah , mi stavo per dimenticare, ma ho una…
Hoang more thing
Nelle mie newsletter si parla spesso di valore—di un prodotto, di un servizio, di un brand, di un barattolo di Nutella 🍫🫙 —e di come farlo percepire al meglio.
Non è un caso, per lavoro mi occupo di creare Strategie basate sul Valore.
Ed è proprio per questo che oggi voglio invitarti a:
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Pitch: Creare prodotti che riescano a catturare l’attenzione del mercato e diventare la “next big thing” non è un esercizio semplice. È una sfida che richiede una comprensione profonda del valore che tali prodotti portano ai clienti. Per questo sto lanciando il Value Proposition Strategy Workshop.
Valore: Aiutare imprenditori e manager di prodotto a disegnare proposte di valore irresistibili, per posizionarsi al meglio anche su mercati molto affollati e competitivi.
Dove/quando: Il 4 Giugno 2024 a Milano.