💫 Notre Dame e il DLC dei ricordi dimenticati
Di come un videogioco si propose di salvare una cattedrale antica di 900 anni.
Hoang upon a time #s01e14
Previously, on Hoang Upon a Time: Nell’ultimo episodio abbiamo scoperto che il sushi col salmone non è invenzione giapponese. La storia di come è nato coinvolge un norvegese che aveva in mente una trovata di marketing geniale e tanto, tanto salmone…
C'era una volta Notre Dame...
Il 15 aprile 2019, sul far del tramonto, Parigi assiste a uno spettacolo da giorno del giudizio. La cattedrale di Notre Dame brucia, rilasciando nell’aria un fumo giallastro. È colpa della combustione di legno, rame e piombo nel tetto, che si stanno letteralmente sciogliendo come burro.
All’alba del giorno dopo, lo stesso tetto, in piedi dal 1326, è scomparso, insieme alla guglia centrale della cattedrale.
Iniziano le corse alla solidarietà: a dare una mano ci sono Louis Vuitton, L’Oreal, BNP Paribas, la Regione Occitana e… Ubisoft.
Che siate fan di Just Dance, Far Cry o Assassin’s Creed, in qualche modo Ubisoft la conoscete. Per chi invece fosse rimasto a i tempi di Tetris, Ubisoft è un mega brand di videogiochi. 😂
Ma come mai proprio Ubisoft decise di donare 500mila euro per i restauri?
Perché Ubisoft la cattedrale di Notre Dame la conosceva fin troppo bene.
Solo cinque anni prima, il brand aveva rilasciato Assassin’s Creed Unity, il primo videogioco realizzato interamente per le console next-gen.
Ambientato nella Francia della Rivoluzione, il gioco possedeva una mappa 1:1 – non so se avete capito, 1:1 – della città di Parigi. Ciascuno dei sette quartieri inseriti aveva caratteristiche architettoniche proprie e riconoscibili.
Ma la ciliegina sulla torta era la cattedrale di Notre Dame.
Non voglio neanche immaginare quale forza di volontà debba aver avuto la designer Caroline Miousse.
Ci mise ben due anni, ma, alla fine del lavoro, ogni mattone, ogni arcata, ogni gargoyle era al posto giusto, facendone di fatto una copia quasi identica della versione “reale”. (Vedremo fra poco perché quasi.)
Subito dopo l’incendio, Ubisoft mise a disposizione gratuitamente il gioco per una settimana. Persone da tutto il mondo si misero sulla console per andare a vedere come era la cattedrale prima dell’incendio, quali parti avevano preso fuoco, quali restavano, quali mancavano.
A molti utenti venne in mente la stessa idea: perché non usare il videogioco – così preciso, così fedele alla realtà – per il progetto di restauro?
Per farvi capire quanto questi videogiochi siano fatti bene, sappiate che già nel 2013 divenne virale la storia di un ragazzo americano che aveva fatto provare ai nonni Assassin’s Creed II, ambientato a Venezia.
I due nonni erano stati in viaggio di nozze a Venezia e amavano la città, ma era da tanti anni che non la vedevano.
L’ambientazione era fatta talmente bene che i due gli occuparono la console per più di un’ora, girando in gondola la città, per visitarla come in un tour virtuale.
Da allora in molti suggerivano a Ubisoft di capitalizzare il suo patrimonio ludico. Le sue mappe potevano essere utilizzate per simulazioni, a scopo didattico o a scopo turistico (già qualche anno dopo la modalità tour fu inserita per poter esplorare ambientazioni come Egitto e Grecia antica).
Dopo il tragico evento dell’aprile 2019 il dibattito però si fece più serio. Era possibile o no utilizzare il digitale per ricostruire il materiale?
Due motivi, cruciali, impedirono la cosa:
La cattedrale nel gioco possedeva alcuni appigli e oggetti utili al protagonista per salire in cima, e quindi risultavano delle modifiche strutturali utili solo alle dinamiche di gameplay
La cattedrale, di proprietà dello stato francese, era soggetta a leggi rigide sui diritti d'autore. Ubisoft aveva dovuto navigare queste acque legali alterando alcuni elementi chiave per evitare violazioni di copyright.
Intanto però la consapevolezza si era diffusa: il digitale – in questo caso, il videogame – poteva diventare uno strumento per preservare la “realtà”.
E infatti, il digitale giocherà effettivamente un ruolo cruciale nei lavori di ricostruzione., ma non nella forma che ci eravamo sognati: verrà utilizzato un modello 3D creato tramite laser scanner da Andrew Tallon prima dell'incendio, perfetto per le parti visibili.
Per quelle nascoste invece, ogni fase dell’evacuazione – devo dire con grande lungimiranza – è stata registrata e repertoriata da droni e cable cam. In pratica, vedendo la fisica della caduta di mattoni e statue, capiranno dove si trovavano prima. 🤯
Con questi e molti altri strumenti a disposizione prima di quanto pensiamo il tetto della cattedrale potrebbe essere di nuovo in piedi.
Se avete voglia di vedere il risultato finale dovremmo aspettare inizio del prossimo mese dove dovrebbe esserci un Te Deum inaugurale, in attesa dell’apertura al pubblico slittata a fine anno.
🧞♂️ Morale della favola:
Il caso di Notre-Dame e il suo potenziale restauro digitale ispirato da Assassin’s Creed Unity ci porta di fronte a un paradosso.
Da una parte, abbiamo la proprietà intellettuale, un sistema progettato per proteggere e conservare le creazioni umane, ma che di fatto, in alcuni casi, può diventare un ostacolo quando si tratta di salvaguardare un'eredità che rischia di essere cancellata dal tempo e dagli eventi.
Dall'altra parte, c'è la verità del digitale con la sua capacità di replicare, conservare (ma anche distorcere!) le cose materiali.
Il modello 3D di Ubisoft, pur non essendo una replica perfetta per via delle alterazioni necessarie, rappresenta un tipo di memoria digitale che può sopravvivere indipendentemente dal suo originale fisico.
La questione sollevata dalla ricostruzione di Notre-Dame e dal suo parallelo digitale in Assassin’s Creed Unity va oltre la semplice dicotomia tra realtà fisica e digitale.
Ci porta a riflettere su un concetto ancora più profondo e potente: la differenza tra la realtà “reale” e la realtà ricordata.
Non a caso, ci si allarma sempre più spesso il fatto che il supporto digitale permetta di riscrivere la storia con una facilità e una impunibilità candidamente criminale: da Square Enix che recentemente ha “messo mano” ad un videogioco di 4 anni fa solo per censurarne alcune scene oggi culturalmente scomode, a Netflix e Disney che modificano a posteriori serie TV e film per correggere errori, modificare date e inserirei dettagli nuovi e fare retcon (connessioni a posteriori) tutto al fine creare consistenza, cancellando un passato storico scomodo e creando di fatto, “nuove realtà nel multiverso”.
In questo contesto in cui la memoria è uno strumento debole, il ricordo emerge come uno strumento straordinariamente potente, specialmente nel mondo del marketing, dove la creazione di sentimenti e associazioni positive diventa essenziale.
Per un brand, l'obiettivo non è solamente esistere e brillare nel presente, ma è anche e soprattutto quello di lasciare un'impronta duratura nella memoria delle persone.
Pensiamo all'iconico Babbo Natale vestito di rosso, una figura resa celebre da Coca-Cola. In meno di cento anni ha completamente sostituito qualsiasi versione precedente di Santa Claus, fosse essa canadese, finlandese o italiana.
In altre parole, la realtà ricordata di Babbo Natale vestito di rosso è più importante – almeno in questo momento – della realtà storica di Santa Claus.
E che dire della rivoluzione degli smartphone e degli app store portata da Apple, che ha ridefinito non solo un prodotto, ma un'intera esperienza tecnologica e culturale, facendoci “dimenticare” il primo vero app store di Nokia o le app del Blackberry?
Queste non sono semplicemente evoluzioni di prodotti o tecnologie; sono trasformazioni delle nostre memorie collettive, degli archetipi culturali che determinano come percepiamo il mondo intorno a noi.
Il brand che riesce a incidere nella memoria, che sa creare un legame emotivo e culturale duraturo, non solo sopravvive al presente, ma diventa parte integrante della nostra storia personale e collettiva.
HH.
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