💫 "Solo fino a domenica, affrettatevi!"
Sul cosa ci può insegnare Andrea, oltre le fodere dei divani
Hoang upon a time #s01e04
Previously, on Hoang Upon a Time: Siamo arrivati alla quarta puntata, ma vi siete già ripresi dalla storia di Cicada3301 e del valore dell’omnicanalità di cui vi ho parlato nell’episodio precedente? Secondo me no.
La storia di oggi non è altrettanto enigmatica: in questa puntata vi voglio parlare di come i brand usano le persone. No, non è una denuncia anticapitalista, sto parlando dei modi in cui è possibile abbinare il proprio marchio a un volto più o meno noto e dei rischi e vantaggi che questa scelta comporta.
Questa vicenda inizia da uno dei suoi protagonisti.
C’era una volta Andrea Guidi.
Chi?
Lui.
Andrea, nasce a Forlì in una fresca mattina del 13 febbraio 1976. La sua storia inizia in un modesto laboratorio, un luogo magico dove si respirava l’essenza dell’artigianato puro. Sin da ragazzo, Andrea era affascinato dal modo in cui suo padre, un maestro artigiano di nome Tonino, rimetteva a nuovo vecchie sedie e divani rotti con amore e cura, trasformando il garage di casa in un mondo incantato.
Nessuno poteva sospettare che Andrea, seguendo le orme del padre, sarebbe diventato un meraviglioso pelato con degli occhiali improbabili, noto, al resto del mondo conosciuto, come l’Artigiano della Qualità.
Quello calvo, con gli occhiali? Avete presente? Insomma, Andrea Guidi, il volto di Poltronesofà per oltre tre anni.
Andrea Guidi è entrato nelle nostre case nel 2013, si è piazzato sul nostro divano e per anni ha provato a convincerci a comprare uno di quelli fatti da lui, artigiano della qualità e romagnolo doc. Potrei tediarvi con la sua storia personale ma l’investimento pubblicitario di Poltronesofà, che già nel 2020 superava i 55 milioni l’anno, dovrebbe esser bastato a sedimentare nelle teste di tutti noi che Andrea Guidi nasce figlio di artigiano, cresce artigiano e diventa... portavoce della marca!
Un bel salto di carriera per il nostro, il cui cranio lucido e i simpatici occhiali, sono stati capaci di diventare una vera propria icona del prime time.
La campagna "Gli artigiani della qualità" è stata firmata dall'agenzia Legas Delaney Italia ed è figlia di una strategia di marketing che si propone di costruire un'immagine autentica e trasparente del brand, cercando di stabilire una connessione genuina con il pubblico, in particolare con i Millennials (e con il loro senso dell’umorismo un po’ “dad jokes”).
Per dimostrare la propria autenticità, la qualità dei propri prodotti ma anche dell’ambiente in cui questi vengono costruiti, portare Andrea Guidi davanti alla cinepresa è la sintesi perfetta di una serie di utili leve di comunicazione.
1. Utilizzo di Dipendenti Reali:
L'azienda ha scelto di utilizzare i propri dipendenti reali, regolari e appartenenti alla classe lavoratrice per la pubblicità.
2. Creazione di un'Atmosfera Rilassata:
Consentendo ai dipendenti di abbellirsi per un giorno senza metterli in situazioni scomode, l'azienda crea un'atmosfera rilassata e genuina. Poltronesofà valorizza i propri dipendenti e permette al pubblico di vedere una versione più glamour, ma comunque reale.
L'approccio non troppo serio e l'atmosfera festosa invitano il pubblico a rilassarsi e a voler interagire con il brand. Questo contribuisce anche a una maggiore memorabilità dell'annuncio e a un'associazione positiva con il marchio.
3. Risonanza con i Millennials:
Questa strategia è progettata per risuonare con i Millennials, che valorizzano la trasparenza, l'autenticità e un approccio umanizzato al marketing. Mostrando il volto umano del brand l'azienda crea una connessione emotiva con questo target.
Sottolineando l'artigianato reale dietro il prodotto l'azienda promuove un'immagine di qualità, dedizione e trasparenza.
Molti marchi hanno sfruttato la possibilità di personificare il brand attraverso l’uso di un portavoce e, in base a tutta una serie di variabili, la scelta su chi portare sullo schermo a rappresentare l’azienda è triplice.
Gli annunci con celebrità:
Mitico Terry Crew che personifica perfettamente il brand che rappresenta.
Certo potevo prendere anche George Clooooooney con Nespresso, anche lui è perfetto, ma questa newsletter sarebbe stata noiosa.
Gli annunci con persone reali (consumatori o dipendenti)
E qui torna alla riscossa Andrea con la sua backstory.
Fondatori o CEO dell’azienda
Facendo, ad esempio, dei cerchi nella sabbia.
🧞♂️ Morale della favola
Ognuna di queste opzioni porta con sé dei vantaggi.
Nel primo caso siamo in un mondo di aspirazionalità: le celebrità ci trasportando in un mondo idealizzato, a patto che tra star e marchio ci sia una reale affinità.
Le persone comuni sono il riflesso dei destinatari dell’annuncio per cui suscitano empatia ed immedesimazione e umanizzano il brand più che negli altri due casi.
Il CEO o il fondatore fanno un po’ il verso alla celebrità, ma senza l’allure di sogno. Sono persone che devono la loro fama a una storia di successo, gente comune che ce l’ha fatta e che crede nella propria azienda fino al punto da metterci la faccia.
C’è però anche un rischio.
Avrete notato che finora, non ho mai usato la parola testimonial. Ovviamente non è un caso, perché mentre la “personificazione” è una strategia potenzialmente vincente, l’uso indiscriminato dei testimonial è spesso una catastrofe. Almeno per chi ci capisce di comunicazione, poi a Nonna Pina la Clerici piace in ogni salsa e, se non la disturba vederla promuovere un supermercato in cui non farebbe la spesa neanche sotto minaccia, possiamo solo sperare di educarla.
Non sono avverso all’uso dei testimonial, ma devono essere inseriti in una strategia ragionata e non solo per il reach che hanno.
Vi voglio evidenziare le differenze tra i due approcci quando funzionano:
1. Personificazione del Brand:
La personificazione del brand implica l'attribuzione delle qualità del brand a caratteristiche personali, rendendolo più relatable e attraente per i consumatori.
Questa strategia può includere la creazione di una "personalità" per il marchio che riflette valori, tono e stile consistenti in tutte le comunicazioni e interazioni con i clienti.
2. Uso di Testimonial:
L'uso di testimonial implica l'impiego di individui reali, come celebrità, influencer, clienti soddisfatti o esperti del settore, per promuovere un marchio o un prodotto.
Questi individui forniscono il loro endorsement o testimonianza, che può creare fiducia e autenticità, influenzando positivamente la percezione e le decisioni di acquisto dei consumatori.
Gli annunci con testimonial possono mostrare questi individui che usano o raccomandano il prodotto o il servizio, fornendo una prova sociale della sua qualità e valore.
Ma qual è allora il problema nell’utilizzo di un testimonial?
Il problema è che è molto difficile rendere credibile la relazione tra il testimonial e il prodotto (perché di fatto non lo è, il testimonial è un attore pagato per dire quello che il copy ha scritto e questa finzione è quasi sempre piuttosto evidente), quando i valori del testimonial non coincidono con quelli del brand.
Far credere al consumatore che TizioFamoso apprezza e compra quel marchio è ambizioso e forse anche poco utile, mentre può funzionare sostenere che TizioFamoso è COME quel marchio perché entrambi sono simpatici/casual/eleganti/irriverenti/pronti all’avventura eccetera.
Puppatevi ad esempio la campagna dei Teneroni a oggi on air: quali sono i punti in comune fra Giorgia Palmas e le sue amiche con i Teneroni?
Esatto, la stessa faccia dei matematici europei quando uno studioso arabo ha inventato lo zero…
Questo non vuol dire che usare il testimonial sia SEMPRE sbagliato. A a volte ci sono delle eccezioni, tipo questa meravigliosa doppietta Snoop Dogg ft. Martha Stewart per gli accendini BIC. In questo caso è super credibile che entrambi utilizzino Bic per fare quello che fanno (e BIC si porta a casa che con il suo accendino puoi farci proprio tutto quello che vuoi).
Articolo ricco di spunti per chi ama il marketing e il brand building.
Purtroppo il singolo caso di Poltrone&Sofà da te esaminato andrebbe rianalizzato con attenzione.
Il claim della campagna “ Artigiani della Qualità “ che faceva scopa con Andrea Guidi in perfetta assonanza cognitiva facendo vedere un dipendente vestito da artigiano e che comunica come un artigiano romagnolo, è diventato “Autentica Qualitá”.
Saprai bene che la ditta in questione ha avuto sanzioni in Francia e anche in Italia per pubblicità ingannevole relativamente ad alcune campagne promozionali.
Di fatto l’utilizzo della definizione artigianale prevede che l’impresa che lo utilizza sia effettivamente iscritta all’albo delle
Imprese artigiane. Mentre Poltrone&sofà è un colosso industriale.
Anche Francesco Amadori, che da la sua parola, e Giovanni Rana, che era partito consegnando i tortellini fatti a mano in bicicletta, ci mettono la faccia per rendere meno impersonale un prodotto alimentare di qualità ma pur sempre industriale, e si sa che almeno per loro la strategia è ben collaudata e ha funzionato senza penalizzare il marchio ma anzi dando un effettivo valore aggiunto e fiduciario al brand.
Ora l’utilizzo delle ben note strategie di scarsità, dello sconto che dura solo fino a domenica, ma la domenica dell’anno 3000, il suggerire che il divano che compri sia stato effettivamente fatto a mano per te da un artigiano simpatico e bonario come il Guidi mentre per più che evidenti motivi non può che uscire e da una catena di montaggio, fanno parte di quelle tecniche di marketing border line e un po’ “manipolatorie” che rappresentano quello che mi piace definire il “marketing doping”. Sono meccanismi conosciuti e che spesso funzionano soprattutto sulla fascia meno “savvy” di potenziali clienti.
Grandi effetti nell’immediato ma quando viene scoperto il trucco il danno sul brand è incalcolabile, soprattutto nella perdita di credibilità che è il KPI più difficile da correggere.
Da un punto di vista finanziario e più Machiavellico dove “il fine giustifica i mezzi” potrebbe essere semplice verificare al netto delle sanzioni comminate (1,8 milioni a quanto mi risulta ma potrei sbagliare) quanto utile hanno prodotto invece le campagne e la comunicazione sanzionate rispetto alle precedenti campagne: ma anche qui se è vero che i millennial come dici giustamente tu apprezzano l'autenticità, quale può essere il danno economico a medio lungo termine sul brand se non è più ritenuto credibile? Quanto valore è stato bruciato?
Teniamo monitorati i risultati finanziari di Poltrone&sofà, che rimane una grande azienda italiana, e valutiamo da osservatori dei fenomeni del marketing e della comunicazione cosa succederà.
Grazie comunque per l’ottimo spunto di riflessione.
My 2 cents!