Hoang upon a time #s01e08
Previously, on Hoang Upon a Time: Nello scorso episodio abbiamo fatto un elogio della sospensione e dell’attesa, lasciandoci ispirare da una delle menti più brillanti dell’animazione giapponese. Per rileggere la storia di Miyazaki e dei suoi Ma, cliccate qui.
C’era una volta la sete
…e, da sempre, la risposta migliore alla sete è l’acqua.
Ma sembrerebbe una risposta piuttosto banale in un mercato saturo di bibite che promettono effetti dissetanti miracolosi e non solo.
Ciononostante il fondatore di Liquid Death è riuscito a trasformare il suo brand di acqua in lattina in un’azienda da 700mln di dollari e lo ha fatto andando a coprire essenzialmente un vuoto di immagine.
Di marchi di acqua ne esistono moltissimi, di questi alcuni sono anche riusciti nel tempo a stand out of the crowd facendo leva sulla loro origine (Fiji, Voss), sull’heritage (Evian, Perrier) o sul potere di un super motherbrand alle spalle (Dasani by CocaCola).
Nessuno però è riuscito a crescere vertiginosamente e in pochissimo tempo quanto il brand di cui vi voglio parlare oggi.
Questa storia inizia a un concerto. Tra i main sponsor dell’evento c’è Monster, l’energy drink che tutti conosciamo.
Mark Cessario, ex direttore creativo di Netflix e CEO e co-fondatore di Liquid Death, invitato da alcuni amici musicisti, nota che la band svuota le lattine di Monster per riempirle di acqua (molto più utile per dissetarsi durante la performance senza procurarsi un picco glicemico o un attacco di tachicardia ma molto meno cool se sei un musicista punk rock). Da qui la scintilla.
Se i suoi amici avessero sul palco un’acqua dall’aspetto grunge quanto Monster, ma anche di più (why not?), forse si sarebbero idratati con orgoglio tra un assolo di chitarra elettrica e l’altro.
“Quando si cerca l’idea giusta, si è portati naturalmente a cercare l’idea più furba” dice Cessario in una delle molte interviste “ma in questo modo saremo portati verso idee che hanno GIÀ funzionato. E se una cosa ha già funzionato non ha senso provare a replicarla.”
La strategia di Cessario è stata diametralmente opposta: a detta sua ha preferito domandarsi “Qual è il nome e l’aspetto più idiota possibile per una confezione di acqua minerale?”.
La risposta è stata Liquid Death e, effettivamente, nessun approccio razionale avrebbe portato a questa soluzione.
L’acqua è vita per antonomasia, chi mai l’assocerebbe con della morte liquida?
Eppure loro sono così convinti che hanno creato addirittura scritto una canzone dal meraviglioso titolo “Worst name for a water company”.
Non li amate già? Mentre ascoltate le altre tracce tra cui “Fire your marketing guy” continuo a raccontarvi la sua incredibile storia.
Il progetto viene lanciato con una pagina Facebook un video un po’ rough sui social, quasi un test più che una vera e propria operazione di marketing, un mix di un render rotante della lattina e il contributo di un’amica attrice prestatasi per lo spot. Anche perché il prodotto di fatto non esisteva ancora e fino a quel momento i potenziali investitori si erano dimostrati scettici a mettere i propri soldi su un’acqua che “sembrava troppo una birra”.
Ma il mood era stato centrato alla perfezione.
L’operazione fu un successo. Con tre milioni di visualizzazioni nell’arco di quattro mesi e tonnellate di richieste, Cessario riuscì ad ottenere i fondi necessari - 1.6 milioni di dollari - a mettere in commercio Liquid Death.
Tutto questo succedeva nel 2018. Da lì è stata una crescita potenziale e inaspettata
Nel 2020, il marchio che fino a quel momento aveva venduto principalmente online, si è espanso nei negozi Whole Foods, registrando un fatturato di circa 10 milioni di dollari. L’anno scorso quel numero è salito a 45 milioni, con l'ingresso in altre catene della GDO tra cui 7-Eleven e Publix.
All'inizio di quest'anno, Liquid Death ha lanciato una linea di acque gassate aromatizzate, con nomi irriverenti come "Berry It Alive" e "Severed Lime".
Oggi, il marchio è venduto in oltre 60.000 punti vendita in tutto il paese, inclusi Kroger e Target, dove le lattine sono in vendita a 1,89 dollari ciascuna. Liquid Death è il marchio di acqua naturale più venduto su Amazon e la sua versione frizzante è sul podio al secondo posto.
Insomma, una vittoria dietro l’altra e tutte grazie a una risposta di pubblico che va ben oltre il target iniziale di frequentatori disidratati di festival un po’ punk. Oltre ogni aspettativa infatti, Liquid Death si è posizionata meravigliosamente tra le community straight-edge (che suona molto cool ma di base sono “gli astemi”) a cui nessun marchio aveva ancora offerto un prodotto capace di fronteggiare lo stigma “sobrio=noioso” e tra i giovanissimi, entusiasti di rischiare una nota scolastica per aver portato in classe lattine dall’aspetto ambiguo.
🧞♂️ Morale della favola:
Questa case è stata raccontata veramente tante volte, googlare per credere.
È diventata esemplare e l’ho voluta raccontare anche io perché costruire un marchio di successo a partire da un prodotto come l’acqua è veramente un caso limite. Pensate ad altre commodities, tipo il sale. O lo zucchero. O il cotone idrofilo. Chiara la difficoltà, no?
Liquid Death ci insegna quindi che tutto è possibile, che un approccio anarchico potrebbe essere l’incipit ideale ma anche che ci sono delle regole a cui loro hanno saputo attenersi con coerenza e costanza. Mantenendo il timone dritto sulla brand identity, Liquid Death ha tracciato una rotta nuova nel suo mercato di riferimento.
Liquid Death è un buon prodotto, venduto in confezioni 100% riciclabili (all’infinito), da un’azienda impegnata in progetti di sostenibilità, ecc. ma in questa newsletter non stiamo a pettinare le bambole, ovvero non ci occupiamo in generale solo di marketing e comunicazione, ma principalmente di value proposition.
Con il cappello di Value Strategist 🎩: ancora una volta il punto di inizio di ogni strategia di valore è sempre il design del contesto, ovvero la volontà esplicita di progettare il contesto nel quale ci vogliamo muovere come brand, la realtà in cui vogliamo che il nostro cliente viva l’esperienza che gli stiamo attentamente disegnando.
Assioma di Hoang:
Esistono infinite realtà fra tutti i possibili universi in cui possiamo esistere,
ma solo in una abbiamo realmente senso.
Intercettare questo contesto, questa realtà tra tutti le possibili realtà, questo scenario-miraggio in cui il nostro brand possa avere senso… beh non è per niente facile.
Tanto vale crearcelo da zero.
Ai più attenti di voi non sfuggirà che non è altro che una delle applicazioni pratiche della teoria degli scenari futuri di Hancock e Bezold del ’94.
Non male no?